La trasformazione digitale è un processo che interessa e comprende aspetti organizzativi, informativi, informatici, processi di lavoro digitale, servizi in rete, reti di comunicazione sociale, trattamento e sicurezza dei dati personali e dei patrimoni informativi, tutti gli aspetti sociali, culturali ed economici.

La trasformazione digitale è un processo sistemico, complesso, globale che sempre più investe le decisioni pubbliche, le pubbliche amministrazioni, le comunità locali.

Il digitale è un termine con il quale esprimiamo questo processo di profonda trasformazione: fuori da questo processo non si può operare; si rischia di restare tagliati fuori da reti di informazioni, di servizi, di comunicazioni. Fuori dal mondo.

Il digitale in sè comprende aspetti particolarmente innovativi ma anche rischi di divario digitale e criticità sociale.

Per uno sviluppo equilibrato del sistema sociale ed economico di un Paese sono necessarie politiche pubbliche adeguate e coerenti, coraggiose ed intelligenti; sono necessarie strategie “dinamiche” che abbiano il “ritmo” dei processi innovativi e che siano quindi regolamentate senza le rigidità tipiche delle società a “bassa innovazione”.

La strategie dinamiche innovative per il digitale si fondano necessariamente sulla capacità di visione dei decisori pubblici, sulla conoscenza del processo innovativo, sulla preparazione dei decisori e dei dirigenti pubblici.

Di qui, la necessità di potere contare su di un Parlamento, su di un Governo, sui diversi livelli istituzionali decentrati regionali e locali, su burocrazie che siano in grado di operare in modo dinamico, sulla base di nuovi modelli comportamentali.

Oggi, nel nostro Paese possiamo contare su decisori di questo tipo? Che hanno visione e strategia? Il nostro management pubblico ha capacità di disegnare nuovi modelli organizzativi, una nuova burocrazia che sia nativamente digitale?

La domanda è: quali caratteristiche deve avere il decisore pubblico all’epoca del “digitale”? Quali caratteristiche devono avere le burocrazie attuali per supportare una visione ed una strategia innovativa? Quale profilo deve avere il manager pubblico digitale? Si tratta di “profili” oggi inesistenti che devono essere quindi realizzati. Il decisore pubblico deve conoscere le tematiche del digitale non tanto sotto il profilo tecnico ma soprattutto sotto il profilo istituzionale, organizzativo, documentale, informativo; partendo da una “cultura del dato digitale e non” (completo, certo, sicuro, aggiornato, accessibile, trasparente, ecc.) per governare, decidere, monitorare, ecc. Il dato al centro dell’azione legislativa, di governo, di gestione. Amministrare oggi significa amministrare con dati che abbiano i requisiti sopra indicati: questa cultura del dato dovrebbe attraversare ed interessare tutta la filiera decisionale ed amministrativa pubblica. Amministrare oggi significa legiferare sulla base di dati per conoscere i veri bisogni dei cittadini e della impresa e quindi produrre norme essenziali, utili; norme non “aggrovigliate” su commi, rinvii, modifiche, integrazioni, ecc. difficili da leggere e da comprendere: norme che servono a tutti e non a pochi. Il Parlamento legifera in questo modo? Legifera su reali bisogni dei cittadini, del sistema produttivo, delle comunità locali?

Le burocrazie pubbliche sono lontane da una “amministrazione consapevole” ma si vive alla giornata! Le burocrazie pubbliche non sono semplificate, non sono digitalizzate nel senso del Codice dell’amministrazione digitale. Le burocrazie pubbliche non programmano, non amministrano, non erogano servizi nel rispetto del principio “digitale prima di tutto”; le amministrazioni pubbliche operano secondo i principi della trasparenza, della efficienza, dell’efficacia, della economicità dell’azione amministrativa (art. 1 della legge 241/90)? E’ necessario dare una risposta (onesta) a questi interrogativi e girare pagina, cambiare passo!

Il dirigente pubblico a tutti i livelli istituzionali ed amministrativi opera oggi in una amministrazione nativamente digitale? Oppure siamo impantanati in una burocrazia scarsamente digitale, mista (analogico-digitale), grigia, scarsamente trasparente e partecipata? Il dirigente pubblico deve essere formato per spaccare il capello di norme, di commi, di regole o deve operare secondo i principi di management pubblico (non deve essere un “amministrativo”, gestore di pratiche e fascicoli)? Come viene formato il dirigente o il dipendente pubblico oggi (se viene formato)?

Tutti questi interrogativi non sono posti tanto per “criticare” le burocrazie pubbliche per il piacere di criticare ma sono posti per stimolare una riflessione seria su come dovrebbe essere strutturata l’amministrazione oggi nell’epoca del digitale e come dovrebbe “cambiare” per operare in un nuovo contesto manageriale, gestionale, di servizio. Il PNRR sta contribuendo a questo cambiamento, verso una nuova amministrazione?

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