La legge 241/90 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi) veniva pubblicata sulla G.U. n.192 del 18.8.1990. La legge regolamenta le attività amministrative sulla base dei seguenti principi:
art. 1, comma1. “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti , nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”.
La legge stabiliva il principio della semplificazione amministrativa anche contro l’aggravamento del procedimento:
art.1, comma 2. “La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. 2-bis. I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede.”
In questi 35 anni la semplificazione amministrativa è rimasta al palo: le 30 mila pubbliche amministrazioni hanno semplificato molto poco le attività. I criteri stabiliti all’art. 1 non fanno parte di una cultura amministrativa ed organizzativa pubblica (in particolare i criteri di economicità e di efficacia).
La digitalizzazione in questi anni (ed anche con il progetto PNRR) non è stata sviluppata nella linea di contribuire alla semplificazione amministrativa: siamo pieni di adempimenti amministrativi; di dati, di documenti e modulistica ridondanti, di lunghe fasi delle attività amministrative; non c’è una integrazione fra dati, processi, documenti e servizi ai cittadini. La formazione, la gestione, la conservazione dei documenti amministrativi non è ancora nativamente digitale: si opera in digitale ma con una cultura dell’analogico.
Ci auguriamo che nella fase finale del PNRR si dia corso ad un processo di semplificazione reale ed efficace e che la digitalizzazione supporti realmente questo processo. Ci auguriamo che il regolamento UE 2024/1186 (eIDAS) sia applicato per semplificare i rapporti tra stato e cittadini.
I disservizi amministrativi costano al contribuente 80 miliardi di euro/anno (costo aggiuntivo al costo ordinario delle burocrazie) come rilevato in un ultimo report della CGIA di Mestre (2024):
“Nell’offerta dei servizi pubblici digitali, la nostra Pubblica Amministrazione (PA) è tra le peggiori d’Europa; conseguentemente i tempi medi per il rilascio dei permessi e delle autorizzazioni sono tra i più elevati.
Insomma, carte, timbri, moduli da compilare e attese agli sportelli sono vissuti da tanti imprenditori come dei veri e propri incubi. Per tanti cittadini, invece, quando ci si deve interfacciare con la macchina pubblica spesso si scivola in un profondo stato di angoscia. Non solo, con un miglioramento della qualità dei servizi pubblici che avanza a passo di lumaca, la cattiva abitudine della nostra PA di richiedere, in particolare alle imprese, dati e documenti che le amministrazioni già possiedono è diventata una prassi consolidata. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Questi disservizi, purtroppo, hanno una ricaduta economica spaventosamente elevata. Elaborando alcuni dati pubblicati dall’OCSE, per le nostre Pmi il costo annuo ascrivibile all’espletamento delle procedure amministrative è di 80 miliardi di euro. Praticamente una tassa nascosta da far tremare i polsi. La complessità nell’adempiere alle procedure imposte dalla nostra PA è un problema che in Italia è sentito da ben 73 imprenditori su 100. Tra i 20 paesi dell’Area dell’Euro solo in Slovacchia (78), in Grecia (80) e in Francia (84) la percentuale degli intervistati che ha denunciato questo problema è superiore al tasso riferito al nostro Paese. La media dell’Eurozona è pari a 57 (vedi Graf. 1).”