Un articolo di Enzo Chilelli, Presidente del comitato scientifico Fondazione ITS ICT Academy
La burocrazia, secondo la CGIA di Mestre (https://www.cgiamestre.com/sprechi-e-malaburocrazia-costano-225-mld-lanno/), fa sprecare 255 miliardi di euro l’anno, una cifra enorme ma come fare per iniziare a contrastare il fenomeno?
Parliamo tanto di spending review ma quando le innovazioni tecnologiche permettono di risparmiare vengono bloccate dalla burocrazia. Eppure la semplificazione sarebbe una cosa semplice. Si guarda, si toglie ciò che è superfluo, si migliora.
- Per partecipare ad un bando pubblico le aziende producono una quantità di documentazione per ogni gara.
La soluzione sarebbe semplice, l’azienda produce la documentazione una volta, che aggiorna quando cambia qualcosa, lo Stato la verifica, ed in automatico posso partecipare alle gare.
- Prendo un appuntamento con SPID (dove ci sono già i miei dati anagrafici) per fare la Carta di Identità Elettronica, inserisco i dati richiesti e vado all’appuntamento. Devo riscrivere tutto su un modulo di carta e firmarlo, si stampano tre o più fogli da firmare anche questi. Totale circa 15/20 minuti ad operazione.
Se poi la smarrisco, siccome qualcuno ha deciso per mio conto che la foto e le impronte digitali vengono cancellate dall’archivio centrale, non posso avere un duplicato in tempi brevi (come avviane ad esempio per la patente di guida) ma devo ripetere l’intera procedura.
La soluzione è semplice: Se ho compilato i dati attraverso la rete l’operatore mi riconosce e mi stampa la Carta di identità con al limite una firma per ricevuta (risparmio di tempo circa 10/15 minuti). Per il rinnovo: mi chiedi in fase di rilascio, se IO voglio lasciare la foto e le impronte digitali nell’archivio centrale ed in caso di smarrimento mi spedisci a casa il duplicato (come avviene per la patente di guida). In questo caso il risparmio di tempo è di ore per il cittadino e di 15/20 minuti per l’operatore di anagrafe.
- Devo fare un controllo medico, non un intervento invasivo ma una visita o un esame diagostico, mi faccio fare la ricetta, prendo appuntamento online, vado dallo specialista che prima di iniziare mi fa compilare e sottoscrivere almeno un paio di moduli di consenso perdendo 10 minuti su una visita di mezz’ora. Non ha senso, io ho richiesto la visita attraverso la ricetta ed il medico, in quanto specialista in materia sa cosa dovrò fare per guarire.
Mancano medici, le liste di attesa sono lunghissime e sprechiamo tempo prezioso in scartoffie.
Ma veniamo ai risparmi “veri” in un settore fortemente in crisi, la sanità.
La medicina di iniziativa non è strettamente necessaria per la cura e la prevenzione
Secondo l’Autorità Garante delle Privacy la medicina di iniziativa non è strettamente necessaria per la prevenzione e la cura e non può essere adoperato per questo il FSE.
I provvedimenti che il Garante ha emanato nei confronti di tre ASL del Friuli per aver applicato la medicina di iniziativa in modo non conforme al regolamento, e che hanno bloccato di fatto le iniziative in corso in otto regioni, contengono due principi che suscitano forti perplessità.
Il Garante ha deciso, motu proprio, che la medicina di iniziativa non rientra nelle ordinarie attività di cura e prevenzione.
Ma non basta, il Garante afferma che: <<Il Fascicolo Sanitario Elettronico non può essere adoperato per la medicina di iniziativa>>
Un’interpretazione che lascia perplessi, infatti il Garante fornisce un’interpretazione della medicina di iniziativa stabilendo che questa è ulteriore e autonoma rispetto alle ordinarie attività di cura e prevenzione per poi affermare che non rientra nelle finalità del FSE, nelle quali sono previste la prevenzione, la diagnosi e la cura.
Eppure ci sono definizioni di istituzioni che dicono esattamente il contrario in merito alla sanità o medicina di iniziativa.
- Agenas – DM 77: “La sanità di iniziativa è un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche fondato su un’assistenza proattiva all’individuo dalle fasi di prevenzione ed educazione alla salute fino alle fasi precoci e conclamate della condizione morbosa.”
- ARS Toscana: “Per sanità d’iniziativa si intende un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche che non aspetta il cittadino in ospedale (sanità di attesa), ma gli “va incontro” prima che le patologie insorgano o si aggravino, garantendo quindi al paziente interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio, puntando anche sulla prevenzione e sull’educazione”. Ancora: “La sanità d’iniziativa mira sia alla prevenzione che al miglioramento della gestione delle malattie croniche in ogni loro stadio e riguarda dunque tutti i livelli del sistema sanitario, con effetti positivi attesi sia per la salute dei cittadini che per la sostenibilità stessa del sistema”.
Riassumendo: la sanità o medicina di iniziativa è un modello assistenziale che riguarda la prevenzione e la gestione (la cura) delle malattie croniche.
È certamente vero che non è menzionata esplicitamente tra le finalità del FSE ma è altrettanto vero, a mio giudizio, che rientri a pieno titolo nelle voci prevenzione, diagnosi e cura. Si tratta, a mio avviso, di un errore concettuale che ha importanti implicazioni sanitarie e, soprattutto, economiche. Infatti oggi esiste un algoritmo che individua le iperprescrizioni dei medici (alert automatico) ma non esiste nessun algoritmo che indichi la mancata aderenza alle terapie da parte dei pazienti e questo provoca circa 600.000 ricoveri impropri l’anno con un costo vicino ai 10 miliardi di euro a fronte di una spesa in farmaci e medicina di iniziativa che non supererebbe il miliardo di euro.
Penso che sia urgente e necessario che il Ministero della Salute, le Regioni e gli ordini dei medici si esprimano su questo tema aprendo una discussione con il Garante che, a mio avviso, non ha il compito né la competenza di decidere cosa sia la medicina di iniziativa.
Consenso informato, nuovo FSE 2.0 e Legge 24/2017
Il Nuovo FSE doveva rappresentare una rivoluzione, il riscatto di un’iniziativa riuscita male malgrado gli sforzi profusi nel tempo. Dopo una gestazione travagliata abbiamo la norma ma con molti dei limiti e problemi di quello precedente. E per di più dobbiamo richiedere il consenso a tutta la popolazione.
Eppure per i professionisti sanitari (tenuti al segreto professionale) diversamente dal passato, non avrebbe dovuto essere più chiesto il consenso del paziente per i trattamenti necessari alla erogazione delle prestazioni sanitarie, purché si tratti di dati necessari alle “finalità di cura” previste dal G.D.P.R. (Lo stesso Garante ha precisato in passato che essi non devono (più) ottenere il consenso scritto dei pazienti per il trattamento dei loro dati sanitari).
Invece il terrore delle denunce, delle sanzioni del Garante ma anche dell’iper-realismo dei DPO non consente la reale applicazione di questo assunto facendo perdere tempo di cura e risorse gestionali al SSN.
Le prestazioni specialistiche (visita e diagnostica, non interventistica) in Italia nel 2022 sono state oltre 200 milioni e se eliminassimo il consenso (6 minuti a prestazione) libereremmo oltre 3 milioni di giornate uomo per la gestione delle liste di attesa oltre al risparmio in inutile gestione di 200 ml di fogli di carta. Insomma, miliardi di euro.
Connesso a questo c’è anche la medicina difensiva che, a detta del Ministro Schillaci, costa al contribuente oltre 10 miliardi di euro di iperprescrizioni.
Siccome la somma di queste “semplificazioni” solo in ambito sanitario equivale ad una legge finanziaria, non si capisce cosa si aspetta ad intervenire modificando la Legge 24/2017 al fine di dare maggior tranquillità ai medici ed eliminando l’inutile consenso ai trattamenti sanitari non invasivi (se io chiedo una visita specialistica o diagnostica perché devo poi dare di nuovo il consenso?), diverso è per gli interventi chirurgici.
Concludo con la frase iniziale, la semplificazione è una cosa semplice, ma allora perché non si fa?